L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) continua a esprimere preoccupazione per la protezione dei civili in Iraq settentrionale, dove le operazioni per riconquistare la città di Telafar sono iniziate nella giornata di domenica.
La città di Telafar, nella provincia di Ninewa, circa 65 chilometri a nord-ovest di Mosul, è finita sotto il controllo di gruppi armati estremisti nel 2014. Prima del conflitto la popolazione si aggirava intorno ai 200mila abitanti. Dall’aprile di quest’anno, oltre 30mila persone sono fuggite dal distretto di Telafar e in molti sono andati a vivere in campi che ospitano altre famiglie di sfollati interni provenienti principalmente da Mosul.
Le agenzie umanitarie non hanno più accesso a Telafar dal 2014, ma si stima che migliaia di persone potrebbero ancora trovarsi nella città. Si ritiene che le condizioni siano molto difficili: cibo e acqua si stanno esaurendo, l’energia elettrica manca e le strutture sanitarie sono in grave crisi. Negli ultimi tre o quattro mesi le persone stanno sopravvivendo contando solo su pane e acqua non pulita.
Alcune famiglie sono riuscite a fuggire dall’area correndo un grave rischio personale. In molti dicono di aver visto cadaveri lungo la strada e, secondo alcune informazioni, diverse persone sarebbero state uccise da gruppi estremisti. Altre sembra che siano morte a causa della disidratazione o delle malattie.
Le persone che partono da Telafar percorrono lunghe distanze per trovare rifugio, senza cibo o acqua, camminando a volte fino a 20 ore in condizioni climatiche avverse. Le temperature possono arrivare fino a 50 gradi. Spesso sono costretti a lasciarsi alle spalle le persone più vulnerabili (bambini, anziani, disabili) che non sono in grado di intraprendere un viaggio così duro.
Molti tra coloro che arrivano ai punti di raccolta (la stazione di rifornimento di Badoush, Scorpion Junction, il punto di raccolta di Al Musaid) sono stremati e disidratati. Sono numerose le persone ad aver subito violenze o ad essere state ferite da colpi di arma da fuoco o mine antiuomo.
I partner dell’UNHCR attivi nel campo della protezione sono presenti nei siti di raccolta e si occupano di identificare e trasmettere i casi che necessitano di assistenza specifica, come quelli di minori non accompagnati e separati.
Nella scorsa settimana l’UNHCR ha accolto circa 1.500 famiglie nel centro di transito Hammam Al Alil, a circa 20 chilometri a sud est di Mosul, dove viene offerto riparo per la notte e assistenza di base.
Inoltre, l’Agenzia sta finalizzando altri mille alloggi per famiglie (seimila persone) in una nuova area, Al Salamiyah 3, a circa 25 chilometri a sud-est di Mosul. Il sito dovrebbe venire aperto tra circa dieci giorni.
L’UNHCR ha inoltre assunto la gestione del campo di Nimrud (3.600 alloggi per famiglie a circa 7 chilometri dal campo di Al Salamiya) che potrà accogliere fino a 22mila sfollati interni di Telafar nei prossimi giorni.
Inoltre, circa 150 famiglie di Telafar (circa 900 persone) si trovano nei campi profughi dell’UNHCR a est di Mosul.
L’UNHCR teme che i civili iracheni possano essere utilizzati come scudi umani e i tentativi di fuga puniti con esecuzioni/sparatorie. L’Agenzia chiede a tutte le parti del conflitto di permettere ai civili di lasciare l’area colpita e accedere a luoghi sicuri.
L’UNHCR esprime inoltre preoccupazione per le notizie relative ad alcuni casi di famiglie irachene di Telafar a cui e’ stato negato l’accesso a località predisposte all’accoglienza. L’Agenzia è altrettanto preoccupata per le continue notizie di molestie, attacchi vendicativi e abusi contro gli sfollati interni di Telafar. L’UNHCR ribadisce alle autorità irachene la richiesta di aumento dell’impegno nella prevenzione, segnalazioni sicure e risposte tempestive a tali incidenti. L’UNHCR, inoltre, rilancia e sostiene anche gli interventi di alto livello promossi dal coordinatore umanitario.
In Iraq, più di tre milioni di persone continuano a essere sfollate a causa del conflitto. L’UNHCR prevede ulteriori casi di migrazioni forzate nei prossimi mesi dal momento che il governo iracheno si sta attivando per riprendere il controllo delle aree occupate dagli estremisti ad Hawiga e West Anbar (Al Qa’im, Ana e Ru’aa) che potrebbe provocare l’esodo di circa 100mila persone.
Le operazioni umanitarie dell’UNHCR in Iraq restano criticamente sottofinanziate. Per l’anno in corso l’Agenzia ha urgentemente bisogno di 126 milioni di dollari da destinare all’allestimento dei campi, al sostegno ai rimpatriati e all’assistenza per l’inverno. Una carenza di finanziamenti minaccia di compromettere la risposta umanitaria dell’Agenzia.
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