Un impianto idrico ad energia solare porta acqua pulita e salva vite umane negli insediamenti dei rifugiati e nelle comunità che li ospitano in Uganda.
Non appena arrivata in Uganda come rifugiata, Asha Rose Sillah si è trovata a bere da uno stagno per dissetarsi: non c’era altra acqua. Ora, grazie a un nuovo progetto, la sua famiglia ha tanta acqua pulita da bere – e abbastanza acqua da innaffiare le cipolle che coltiva per il mercato.
“Avrò almeno tre o quattro sacchi (di cipolle)”, ha detto. “Ora c’è più acqua nella comunità, quindi noi donne abbiamo il tempo per fare molte cose”.
Asha è fuggita dal Sud Sudan verso l’insediamento di rifugiati di Bidibidi in Uganda nel 2016, al culmine di un’emergenza che ha visto migliaia di persone attraversare il confine ogni giorno. Allora l’acqua scarseggiava, il che le rendeva difficile prendersi cura dei suoi cinque figli.
“C’erano molte malattie. Bevevamo tutta l’acqua che riuscivamo a trovare”, spiega.
I camion portavano l’acqua da una sorgente a 100 chilometri di distanza, su strade dissestate, e i rifugiati dovevano fare la fila per ore per riempire tutte le taniche che riuscivano a portare.
Il fabbisogno minimo di acqua per una persona è di 20 litri al giorno. Tre anni fa, la fornitura nell’insediamento dei rifugiati di Bidibidi era in media di soli 2,3 litri a persona al giorno.
“Dalla mattina a mezzogiorno, i rifugiati non potevano cucinare, e molti non avevano nemmeno l’acqua per bere o fare il bagno”, ha detto Richard Ochaya, Senior Water and Sanitation and Health Associate dell’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, a Bidibidi.
Per fortuna le cose sono cambiate.
Un pozzo di trivellazione ad energia solare realizzato dall’UNHCR con investimenti da parte di partner e del settore privato pompa l’acqua di falda in punti più vicini a quasi 500 famiglie.
“Abbiamo la capacità di pompare 85.000 litri d’acqua all’ora, ma ne estraiamo solo 45.000 perché non vogliamo esaurire le falde acquifere. Dobbiamo gestire questa risorsa e prenderci cura dell’ambiente”, ha detto Ochaya.
Il piano è quello di consegnare un giorno la struttura al governo ugandese per aumentare l’approvvigionamento idrico del distretto.
“In futuro, la comunità ospitante potrà prendersi cura di tali strutture e le generazioni a venire potranno beneficiarne”, ha detto.
La mancanza di acqua, servizi igienici e strutture igieniche adeguate può avere conseguenze devastanti sulla salute e sulla sopravvivenza dei rifugiati nei campi, al di fuori dei campi e nelle aree urbane.
Il progetto di Yumbe è un esempio di come un investimento intelligente possa aiutare i rifugiati e le comunità ospitanti, fornendo un pronto accesso ad una fornitura di acqua.
Questo è il tipo di approccio che sarà presentato al Global Refugee Forum del 17-18 dicembre. I governi, le organizzazioni internazionali, le autorità locali, la società civile, il settore privato, i membri della comunità ospitante e gli stessi rifugiati si riuniranno a Ginevra per discutere le migliori politiche per proteggere i rifugiati e aiutare loro e i loro ospiti a prosperare e a trovare soluzioni durature.
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