In Ucraina le temperature invernali rendono la vita difficile a migliaia di persone già colpite dalla guerra.
Dal 2014 il conflitto in Ucraina ha costretto 1,5 milioni di persone a fuggire dalle loro case. L’inverno può essere particolarmente difficile per le persone già colpite dalla violenza, a causa di temperature che scendono fino a -20° C. Dopo cinque lunghi anni di guerra, molti degli sfollati hanno esaurito le loro risorse e sono spesso costretti a scegliere tra comprare cibo e medicine o pagare per il riscaldamento.
Nel 2018 l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha intensificato la distribuzione di aiuti, compresi vestiti, carburante e denaro, a migliaia di famiglie costrette a fuggire nell’Ucraina orientale. Insieme ai suoi partner, l’Agenzia si occupa anche di rinforzare i rifugi e le tende riscaldate che si trovano ai posti di blocco lungo la linea di contatto che divide le aree governative e quelle non governative.
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Sono ormai molti anni che vivo a Mykolayivka, Donetsk. Gli inverni qui sono freddi e ventosi. La temperatura può scendere fino a -10° C.
I bombardamenti rendono le cose difficili in questo periodo dell’anno. Quando iniziano, la prima cosa che fai è correre in cantina, ma lì fa molto freddo. Quando la mia casa è stata bombardata nel 2015 sono corsa giù con tutti i vestiti caldi e le coperte che avevo. E anche così faceva freddo.
Quando sono salita per verificare i danni ho visto che, stranamente, molte cose erano rimaste intatte, compresi il frigorifero e la televisione. Ma non c’era più il soffitto. L’odore era terribile. Molte cose stavano andando a fuoco e ho dovuto trasferirmi da un vicino.
Dopo quell’inverno, ho sviluppato problemi ai reni e al cuore.
Quest’anno ho ricevuto materiali di soccorso di emergenza dall’UNHCR. Mi hanno anche dato quattro tonnellate di carbone.
Sogno di tornare a casa mia. E di dormire nel mio letto in camicia da notte. Dormiamo vestiti da così tanti anni. Quando iniziano i bombardamenti si corre subito in cantina – non c’è tempo per vestirsi.
Spero che i combattimenti finiscano e che i miei figli tornino a casa. Ho un nipote di due anni, e ha già molti problemi di salute causati da stress e paura. Non può guardare i fuochi d’artificio perché pensa siano i bombardamenti.
Spero davvero che un giorno torneranno.
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Vengo da Avdiivka, Donetsk. Mia moglie è morta anni fa e le mie due figlie vivono in Crimea con i loro figli. Molte persone sono fuggite dalla nostra città.
Dopo che la mia casa è stata bombardata nel 2015, mi sono trasferito nel seminterrato perché il tetto e gran parte degli interni sono stati distrutti. I miei vicini sono venuti a stare con me. Di notte sentivamo bombardamenti e i tubi del gas che esplodevano. Ho dovuto tagliare gli alberi nel giardino per riscaldarmi.
Non c’era pane, niente luce e niente gas. Mangiavamo le patate che avevamo coltivato in estate e se qualcuno usciva chiedevamo sempre dove stesse andando, in modo da sapere dove trovarlo se fosse stato ucciso
Ora non posso stare da solo. Ho paura. Sono grato ai miei vicini: il pomeriggio vado a casa loro e mi riscaldo un po’. I prezzi del carbone sono alti. In estate, visto che mangio poco, riesco a comprare carbone per l’inverno. Una sovvenzione in denaro dell’UNHCR mi aiuterà a pagare l’elettricità. Non posso pagarla con la mia pensione, che è solo 1.900 UAH (circa 67 dollari USA) al mese.
Mi mancano molto le mie figlie. Sfortunatamente, ci sono problemi con le linee telefoniche nella mia strada, quindi è circa un mese che non riesco a chiamarle.
Voglio la pace. Non voglio che la gente muoia di fame e di freddo. Non voglio che i bambini sentano le esplosioni. Spero che finalmente giunga la pace.
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Vivo nel villaggio di Majorsk, a Donetsk, con mia figlia Yelyzaveta, che ha sette mesi.
Mi sono trasferita qui dopo la morte di mia madre nel 2017. Ero molto depressa. Non volevo più vivere. Quando un’amica mi ha invitato a stare da lei sono stata felice di accettare.
Ma questo è stato un duro inverno. Mi sono trasferita vicino alla linea di contatto con una bambina piccola, e sento ancora di più il peso di quello che sta succedendo.
A causa del conflitto il riscaldamento centralizzato nel mio edificio non funziona, quindi sono stata molto felice quando l’UNHCR e la ONG Proliska (partner dell’UNHCR) mi hanno portato una stufa. La cosa più importante è il riscaldamento. Anche altre organizzazioni ci aiutano. È difficile quando hai un figlio.
Spero che potremo spostarci in un altro posto, più sicuro rispetto a dove siamo ora. Non c’è un ospedale o una farmacia nelle vicinanze, e penso sempre a quanto ci metterebbe l’ambulanza ad arrivare se ci succedesse qualcosa.
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Quello che abbiamo vissuto da quando è iniziato il conflitto non si può immaginare.
Per i primi due anni del conflitto abbiamo vissuto nel villaggio di Zhovanka, molto vicino alla linea di contatto, ed eravamo sotto bombardamento quasi ogni giorno. La casa è stata danneggiata e i nostri cani sono stati uccisi. Non potevamo nemmeno andare a piedi da nessuna parte a causa delle mine.
Era particolarmente difficile in inverno. Le finestre erano rotte ed era difficile mantenere la casa calda. Quando pioveva il tetto perdeva acqua e per la maggior parte del tempo non avevamo l’elettricità. Eravamo tutti spaventati, ma non avevamo nessun altro posto dove andare.
Nel 2016, grazie alla ONG Proliska, siamo stati in grado di trasferirci in un posto più sicuro, a Chasiv Yar. E’ stata la prima organizzazione a supportarci e ne siamo stati così grati. Ci portavano cibo e vestiti pesanti, carbone e medicine.
Insieme, mio marito e io abbiamo allevato 15 figli adottivi e nostra figlia. La maggior parte dei nostri bambini ha bisogni speciali. Alcuni di loro sono cresciuti e si sono fatti una loro famiglia.
L’anno scorso l’UNHCR ha regalato giacche invernali a tutti i bambini, oltre a coperte pesanti, lenzuola, asciugamani e un set di utensili da cucina.
Non molto tempo fa, sono andata a un concerto. Il resto del pubblico si divertiva, mentre io mi sono messa a piangere. La vita è così ingiusta! Alcune persone hanno la possibilità di vivere felici, mentre altre nei paesi lungo la linea di contatto non hanno nemmeno i servizi più essenziali.
Spero che il conflitto finisca presto. I soldati andranno a casa e si riuniranno alle loro famiglie, e la gente qui a est tornerà ad avere una vita normale, in pace.
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