Il programma, divenuto operativo nel settembre 2015, procede con lentezza. I posti a disposizione per i ricollocamenti dall’Italia sono solo il 7% del totale richiesto

Di Francesca Romana Genoviva

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In base agli impegni assunti dall’Unione Europea nell’estate 2015, 160mila persone dovranno essere ricollocate da Italia, Grecia e Ungheria verso altri Stati europei entro settembre 2017. Dato l‘obiettivo della Commissione Europea  di realizzare circa 6000 ricollocazioni al mese, finora dovrebbero essere state trasferite ben 78mila persone. Non è così:  all’11 luglio sono stati ricollocati solo 3056 richiedenti asilo; quindi, meno del 2% del totale delle quote di ricollocazione è stato realizzato. I 28 paesi inizialmente coinvolti nel progetto (poi diventati 31 nei mesi successivi) hanno messo a disposizione appena 9119 posti.

Relocation: uno sforzo di solidarietà

Il programma di relocation inizia poco più di un anno fa, quando l’Unione Europea, presa coscienza della crisi umanitaria nel Mediterraneo, chiede agli stati membri di compiere uno sforzo di solidarietà, non solo verso i rifugiati, ma anche verso Grecia, Italia e Ungheria, paesi attraverso cui migliaia di migranti entrano nell’Unione.

Nei mesi centrali dello scorso anno, gli arrivi via mare sono aumentati in modo esponenziale; gli stati coinvolti hanno cercato di alleggerire il carico dell’accoglienza in due modioltre a lamentare l’emergenza presso le istituzioni comunitarie, l’Italia praticava il fotosegnalamento dei migranti a singhiozzo, permettendo loro di passare le frontiere interne dell’Unione per chiedere asilo altrove. In Grecia gli imponenti sbarchi hanno ridotto gli standard di accoglienza al minimo.

L’Ue ha riconosciuto che la gravissima situazione in cui versano l’Italia e la Grecia è una stortura prodotta dal sistema Dublino, che tende a sovraccaricare le strutture di accoglienza dei Paesi di frontiera, e ha deciso di agire per evitare che “la pressione su questi territori diventi intollerabile”.

Le tappe

Il meccanismo della relocation viene disciplinato in due tappe: a maggio 2015 la Commissione ha proposto la ricollocazione, nell’arco di due anni, di 40mila richiedenti asilo da Grecia e Italia (24mila persone).

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Il sistema prevede lo spostamento per persone in evidente necessità di protezione internazionale, appartenenti a nazionalità il cui tasso di riconoscimento di protezione sia pari o superiore al 75% sulla base dei dati Eurostat (tra gli altri, Siria, Eritrea, Repubblica Centrafricana, Bahrain). Queste persone, dopo aver richiesto asilo nello stato di arrivo, possono essere trasferite nel Paese di ricollocazione per l’esame della domanda di protezione internazionale.

Vista la gravità di un fenomeno migratorio senza precedenti, a settembre la Commissione ha proposto la ricollocazione per altre 120mila persone: 15.600 dall’Italia, 50.400 dalla Grecia. Altre 54mila erano originariamente previste per l’Ungheria, ma, al rifiuto del governo ungherese, si è deciso di redistribuirle tra Italia e Grecia o a beneficio di altro stato colpito da flussi migratori intensi.

Complessivamente gli stati aderenti (i membri Ue tranne Regno Unito, Danimarca, più Liechtenstein e Islanda), seguiti dall’Irlanda nel dicembre 2015 e da Svizzera e Norvegia lo scorso aprile, avrebbero dovuto mettere a disposizione 160mila posti, suddivisi tra i paesi in base al loro Pil, popolazione, disoccupazione, numero di richieste d’asilo nei quattro anni precedenti.

A distanza di dieci mesi, però, il programma di relocation stenta a decollare. Dimitris Avramopoulos, Commissario europeo per le Migrazioni, gli Affari interni e la Cittadinanza, nel ringraziare i membri del programma per “i crescenti sforzi” e “l’espressione di solidarietà”, ha ricordato che ci sono ancora decine di migliaia di rifugiati in attesa in Grecia, e diverse migliaia in arrivo in Italia attraverso la rotta mediterranea.

La relocation dall’Italia

Proprio il nostro paese versa in una situazione preoccupante: nonostante l’impegno assunto sul miglioramento degli hotspot del sud, all’11 luglio solo 843 richiedenti protezione internazionale sono stati ricollocati dall’Italia, di cui 733 tra ottobre 2015 e giugno 2016. Nel mese di giugno sono state ricollocate 75 persone, di cui 32 in Finlandia, 25 nei Paesi Bassi, 8 in Portogallo.

L’andamento della relocation dall’Italia procede in modo disordinato, episodico.

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A giugno, la Finlandia ha messo a disposizione 200 posti per i candidati alla ricollocazione, la Bulgaria 50, la Romania 70. Lussemburgo e Polonia ne hanno offerti 20, la Lituania 10.

Oltre a 24 stati dell’Ue, possono essere Paesi di ricollocazione, in virtù di accordi bilaterali con l’Italia, anche Svizzera, Liechtenstein, Norvegia e Islanda. Ad oggi, però, solo Berna ha formalizzato l’impegno per 130 posti, accogliendo dagli inizi di giugno 34 migranti provenienti dall’Eritrea.

Nel complesso, i posti totali a disposizione per i ricollocamenti dall’Italia sono 2428: circa il 7% del totale richiesto, visto che gli stati aderenti al programma di ricollocazione dall’Italia dovrebbero accogliere in tutto 34953 persone (di cui oltre 10mila solo in Germania e più di 7mila in Francia, in base alle quote).

Va poco meglio alla Grecia: qui, per 63302 posti richiesti, ne sono stati offerti 6691 (un decimo del necessario), e sono state realizzate 2213 ricollocazioni.

Fino ad ora, la destinazione principale dei rifugiati in partenza dall’Italia è stata la Francia (181) seguita da Finlandia (180), Portogallo (150) e Paesi Bassi (125).

Rimangono ferme le ricollocazioni verso l’Austria e la Svezia; la prima, infatti, ha ottenuto la sospensione dei trasferimenti fino al 30% dei richiedenti assegnati; la seconda è stata sospesa per un anno dagli obblighi di ricollocazione a causa dell’aumento esponenziale delle richieste d’asilo e degli ingressi irregolari sul suo territorio.

La lentezza nell’esplicare le procedure di ricollocazione dall’Italia preoccupa la Commissione europea, secondo la quale il numero di trasferimenti realizzati è troppo basso, specie se comparato con l’alto numero di potenziali candidati in arrivo.

Nell’ultimo comunicato stampa sull’argomento, la stessa Commissione ha riconosciuto che gli stati coinvolti sono ben lontani dal rispettare gli impegni assunti in sede di Consiglio europeo, e li ha esortati a intensificare i loro sforzi, soprattutto per assicurare un’adeguata protezione ai minori non accompagnati.

Approfondimento: la procedura

La relocation si basa sullo scambio di informazioni tra gli stati di partenza e quelli di ricollocazione. Ogni Paese nomina ufficiali di collegamento, che collaborano con gli addetti dell’Easo (l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo).

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Gli stati membri ricevono 6000 euro per ogni persona accolta; all’Italia, Grecia e Ungheria, invece, spettano 500 euro per ogni ricollocazione per coprire i costi di trasporto. Periodicamente, massimo ogni tre mesi, gli stati di destinazione indicano il numero di richiedenti che possono ricollocare rapidamente.

I paesi di partenza, invece, identificano i singoli candidati per la relocation, dando la precedenza a coloro i quali si trovino in condizioni di vulnerabilità, come minori, anziani, persone vittime di violenza.

Sono gli ufficiali di collegamento, insieme alle autorità italiane, a individuare il potenziale paese di destinazione, sulla base della possibilità del candidato di integrarsi (quindi tenendo conto di vincoli culturali, capacità linguistiche, famiglia). Sono comunque gli stati di partenza a decidere quando e a chi inoltrare la domanda per ciascun richiedente identificato, mentre il trasferimento verso gli stati di destinazione ricade sotto la responsabilità dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Lo stato di ricollocazione, invece – una volta accettata la domanda di ricollocazione – è responsabile per l’esame della domanda di asilo.

La procedura dovrebbe svolgersi, di norma, entro due mesi da quando gli stati di ricollocazione comunicano la disponibilità di posti.